Crisi d’impresa

Crisi d’impresa

Si sente spesso parlare di “crisi d’impresa” anche se, in molti casi, se ne parla con non troppa chiarezza.
La confusione nasce soprattutto dal fatto che questa locuzione si usa indifferentemente con due accezioni, per così dire, “limitrofe” ma, di fatto, diverse, la prima in ambito aziendalistico e l’altra in ambito giuridico.

In ambito aziendalistico

ci si riferisce a una situazione in cui l’azienda non versa in situazione fisiologica ma, al contrario, sta vivendo un momento patologico di difficoltà, tuttavia non necessariamente gravissima. La difficoltà può trarre le proprie origini dagli aspetti economici della gestione, da quelli finanziari o da quelli patrimoniali; ovvero da un mix di essi.

Tuttavia, in ambito aziendalistico il concetto prelude all’individuazione delle cause, alla delineazione dei possibili rimedi e all’intrapresa di tutte le attività che facciano ragionevolmente presumere di consentire l’uscita dalla situazione di difficoltà.

Di fronte a una situazione di crisi d’impresa, in ottica aziendalistica, ci si pone con atteggiamento positivo e costruttivo e si cercano le strategie che consentono di tornare in situazione normale di gestione.

Si limano i costi, si cerca di rafforzare la situazione finanziaria, si esternalizzano o delocalizzano parti del processo,  si rilanciano gli investimenti in processo e/o prodotto, ecc…

Il tutto senza l’utilizzo di strumenti giuridici particolari ma solamente col ricorso alle tecniche di gestione aziendale.

Solamente quando queste non raggiungono i risultati desiderati e la situazione economico-finanziaria risulta non migliorata (o addirittura peggiorata) l’imprenditore si risolve a valutare l’utilizzo degli strumenti giuridici di cui parliamo sotto.

Ma se si arriva a questo punto, parlare di “semplice” crisi, in ambito aziendalistico sembra eufemistico e riduttivo e si usano termini più pesanti come “default”, “dissesto”, “decozione”, “grave squilibrio”, ecc…

In ambito giuridico,

invece, storicamente, si parlava di “crisi d’impresa” con riferimento a situazioni in cui la decozione dell’azienda era già conclamata e, talvolta, l’insolvenza ormai manifesta, sicché la “crisi d’impresa” costituiva il presupposto per porre in essere le azioni di composizione negoziale con cui si cerca di scongiurare la dichiarazione di fallimento.

Per certi aspetti, in ambito aziendalistico, si smetteva di parlare di “crisi d’impresa” (per utilizzare definizioni più gravi) quando, in ambito giuridico, si cominciava.

Il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (D. Lgs 12.01.2019, in vigore dal 16.03.2019 ma con molte parti oggetto di proroga, sino all’entrata in vigore definitiva e totale il 15.07.2022), tuttavia, ha raffinato e analiticamente definito, anche in ambito giuridico, il concetto di “Crisi” differenziandolo da quello di “Insolvenza”.

Rinviamo alla pagina successiva, in questa stessa area del Sito per gli approfondimenti, ai nostri fini, della nuova normativa.

In questa pagina, dopo aver ricordato quali sono gli strumenti previsti dalla Legge per uscire dalle situazioni di crisi (nell’accezione giuridica del termine), chiariremo quali sono i servizi offerti dallo Studio.

Gli strumenti di composizione negoziale della crisi previsti dalla Legge sulla Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs 12.01.2019, n°14) sono costituiti da:

  • composizione negoziata della crisi (art.12 e segg.),
  • concordato semplificato (art.25-sexies),
  • piano attestati di risanamento (art.56),
  • accordi di ristrutturazione convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi (art.57 e segg.),
  • concordato preventivo (art.84 e segg.).

Tutti strumenti con cui si cerca un accordo con i propri creditori (o con parte di essi) ma che, necessariamente, costituiscono azioni traumatiche che, come minimo, minano il rapporto con  fornitori e finanziatori (banche) e danneggiano pesantemente l’immagine dell’azienda e dell’imprenditore.

Di conseguenza, quest’ultimo, si rassegna a utilizzare questi strumenti solamente quando non vede più alcuna altra possibilità di uscita.

Purtroppo questo atteggiamento dilatorio, umanamente comprensibile, spesso aggrava il dissesto e, in questo caso, espone gli amministratori della società a conseguenze personali, sia in campo civile che penale.

Per questo motivo è importante che l’imprenditore, ai primi sintomi di una situazione di crisi (intesa in senso aziendalistico, di “semplice” difficoltà), la affronti immediatamente col supporto di professionisti che ne abbiano specifica competenza e provata esperienza.

L’approccio dello Studio

I Professionisti dello Studio Gualerzi e Signorini conoscono perfettamente e hanno notevole dimestichezza nell’applicazione degli strumenti giuridici di cui sopra; sia come ausiliari del Giudice nei ruoli di Curatore, Commissario Giudiziale, Commissario Liquidatore, ecc…, sia come consulenti della parte nei ruoli di attestatore, advisor contabile, ecc…

Tuttavia l’approccio iniziale, anche a fianco e a supporto dei consulenti storici dell’imprenditore, è comunque di tipo aziendalistico, proprio perché hanno ben chiaro quanto sia traumatico porre in essere uno degli istituti giuridici sopra accennati (composizione negoziata, piano attestato di risanamento, ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo, ecc…).

Sulla scorta di serie e realistiche ipotesi e considerazioni si tratterà, quindi, di formulare un business plan che consenta di valutare la possibilità di salvare l’azienda nel suo complesso, individuando tutti i passi da compiere, senza ricorrere ad azioni traumatiche quali quelle sopra accennate.

Solamente se questo fosse impossibile ci si risolverà a porre in essere le azioni previste dal legislatore o, meglio, a individuare quella che consenta, se non di salvare l’azienda intera, quantomeno di identificare i rami d’attività che abbiano concrete possibilità di prosecuzione e di estrapolarli per salvare almeno parte del know-how, del personale dipendente e di quant’altro, costruito dall’imprenditore in tanti anni, possa non andare disperso.

In conclusione, l’intento dello Studio è mettere il Cliente in condizione di compiere le scelte migliori in un momento particolarmente difficile e delicato, probabilmente il peggiore di tutta la sua vita imprenditoriale, senza dargli facili illusioni, cercando di preservarlo da errori che potrebbero avere risvolti anche penali e, tuttavia, cercando di trovare una via d’uscita; la migliore possibile.

N.B = Lo Studio Gualerzi e Signorini offre, all’imprenditore che si trovi in condizioni di difficoltà la consulenza iniziale di valutazione, che normalmente richiederà uno o due colloqui al massimo, in modo totalmente gratuito. Anche per l’ipotesi in cui il cliente, al termine delle valutazioni, decida di non proseguire oltre o di rivolgersi ad altri.

Chi fosse interessato, quindi, può chiedere, senza alcun impegno ulteriore, un appuntamento, anche in orari compatibili con l’attività nel frattempo svolta, telefonando in Studio al numero: 0376 925001 ovvero scrivendo all’indirizzo:  studio@gualerziesignorini.it

Premessa

La Legge Fallimentare (Regio Decreto 16.03.1942, n° 267) è rimasta di fatto immutata (anche perché tecnicamente ben formulata) sino ai primi anni del nuovo secolo quando, sotto il peso del tempo, ha cominciato a subire dei pesanti rimaneggiamenti a partire dal 2008. Da quel momento si sono succedute a ritmo sostenuto molte modifiche successive, anche contraddittorie e altalenanti che, tuttavia, non hanno variato l’impianto di fondo.

La nuova Legge della Crisi e del Sovraindebitamento (D.Lgs 12.01.2019, n° 14), dopo parziali proroghe entrata definitivamente in vigore il 15.07.2022, spazza via completamente la legge Fallimentare sostituendola in toto.

Le novità rispetto al passato sono tantissime.

Tra le principali:

  • sono introdotti molti nuovi strumenti per la gestione della situazione patologica dell’impresa prima inesistenti;
  • la legge, in un unico corpus normativo, disciplina anche situazioni in passato non normate o, di recente, normate con leggi separate (ad esempio la L.3/2012) che riguardano le situazioni di crisi di piccole imprese (cosiddette “sottosoglia”), imprese agricole, professionisti e, persino, dei privati consumatori;
  • cambiando anche la terminologia utilizzata, oggi, le situazioni più gravi, non sono più oggetto di “fallimento”, bensì di “liquidazione giudiziale”.

Ma, per quel che qui ci interessa, perché impatta sulla vita di ogni impresa, in particolare se gestita in forma societaria, anche se perfettamente “sana”:

  • viene data una definizione giuridica puntuale della “crisi d’impresa”;
  • anche in funzione del rilevamento tempestivo di eventuali situazioni di “crisi”, si disciplina la gestione aziendale stabilendo che l’impresa stessa debba dotarsi di un “adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile”.

Quindi, in questa pagina, parleremo di “crisi” solamente con l’accezione prevista dalla nuova Legge (D.Lgs 12.01.2019, n° 14) mentre rinviamo alla pagina precedente di quest’area del sito per le altre, diverse, aziendalistiche e/o giornalistiche, accezioni.

Ratio della norma.

Lo scopo della Legge è “intercettare” i segnali di difficoltà di ogni impresa il più presto possibile sulla scorta di due assunti di base (in verità difficilmente contestabili, stando all’analisi statistica delle procedure concorsuali degli ultimi 10/15 anni):

  1. l’imprenditore tende a non voler prendere atto dello stato di difficoltà e, anzi, a dissimularlo il più possibile;
  2. quando l’imprenditore prende atto della situazione e “si rassegna” ad affrontare gli strumenti messi a disposizione dalla normativa, il dissesto si è notevolmente aggravato rispetto al momento in cui i segnali di difficoltà lo avrebbero dovuto rendere cosciente e indurlo ad affrontare tali difficoltà con l’ausilio degli strumenti giuridici esistenti (cui abbiamo accennato nella pagina precedente)

Gli importanti aspetti terminologici.

Il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (D. Lgs 12.01.2019), ha modificato e analiticamente definito, in ambito giuridico, il concetto di “Crisi” differenziandolo da quello di “Insolvenza”.

Per certi aspetti, si può dire che la differenziazione del concetto di “Crisi” da quello di “Insolvenza”, costituisce la più grande novità, il pilastro della nuova Legge.

Infatti le 2 fattispecie (ai sensi dell’art.2, c.1 del D.Lgs 14/2019) sono definite come segue:

  1. «Crisi» = lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.
  2. «Insolvenza» = lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Partendo dalla seconda definizione, possiamo rilevare che essa NON è cambiata rispetto al passato.

Da notare l’utilizzo dell’avverbio «regolarmente» che conferma che il debitore, per non essere considerato inadempiente (e quindi insolvente) deve poter adempiere alle proprie obbligazioni:

  1. integralmente
  2. tempestivamente
  3. con mezzi normali di pagamento

Quindi, l’imprenditore che a fine mese respinge parte delle ricevute bancarie per mancanza di liquidità è già in situazione di insolvenza (non di semplice “difficoltà” o di “crisi”, con la definizione che diamo subito dopo).

La rivoluzione della definizione di “crisi”.

  1. La rivoluzione (poiché, come vedremo, non si tratta solo di un problema terminologico, anzi!) riguarda il concetto di “Crisi” che ora identifica: << lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.>>

Sintetizzando: in passato, in ambito giuridico, abbiamo parlato di crisi come sinonimo, genericamente, di «stato di difficoltà». In altre parole, abbiamo usato il termine «crisi» per qualsiasi livello di difficoltà dell’azienda; nei casi più gravi la crisi assumeva i connotati dell’insolvenza  un’azienda insolvente e alle porte del fallimento poteva essere definita genericamente «in crisi»; l’insolvenza era una «modalità», la più grave, della crisi.

Oggi, invece, la «crisi» è uno stato preliminare all’insolvenza vera e propria (che potrebbe anche, auspicabilmente, non arrivare mai); identifica i prodromi dello stato di difficoltà.

Prima la crisi «comprendeva» l’insolvenza, oggi la precede.

N.B. = l’approccio è finanziario (in stile anglosassone; lo stile «latino» privilegerebbe un approccio di tipo economico e/o patrimoniale), incentrato sui flussi di cassa attesi.

A questo punto appare evidente che, al di là degli esempi più o meno scolastici, vi saranno sicuramente molte situazioni in cui sarà difficile capire se un’azienda in difficoltà è, giuridicamente parlando:

  • «semplicemente» in crisi o
    • in vera e propria insolvenza

La necessaria istituzione di “adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili”

Per “chiudere il cerchio”, la stessa Legge della Crisi e del Sovraindebitamento (D.Lgs 12.01.2019, n° 14), dopo aver definito compiutamente il (nuovo) concetto giuridico di “crisi”, ha modificato l’art.2086 del Codice Civile introducendo un secondo comma che, testualmente, recita:

<<L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.>>

Premesso che intendiamo:

  • per adeguato assetto organizzativo: una situazione aziendale in cui tutte le funzioni siano adeguatamente presidiate, con chiare definizioni di responsabilità, da soggetti dotati della necessaria competenza ed esperienza;
  • per adeguato assetto amministrativo: la statuizione di procedure che garantiscano una corretta e celere gestione dei flussi dei dati aziendali;
  • per adeguato assetto contabile: in generale un impianto contabile che permetta la costante e tempestiva rilevazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria ma, in particolare, che consenta la <<rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa…>>.

A questo punto il disegno del Legislatore e lo schema logico del suo ragionamento è evidente:

  • l’esistenza dei suddetti “adeguati assetti” è la migliore garanzia perché l’azienda non incorra in situazioni di difficoltà;
  • se comunque tali negative condizioni si verificano, far scattare l’allerta quando c’è una situazione di insolvenza è tardi;
  • occorre intercettare il problema prima, cioè quando si manifesta una “semplice situazione di crisi”;
  • questa si presenta quando si evidenzia la possibilità che non si riesca a far fronte alle obbligazioni dell’azienda scadenti nei prossimi dodici mesi;
  • per poter avere questa evidenza occorre che l’impianto contabile delinei i flussi prospettici per lo stesso periodo (dodici mesi).

Restando in ambito contabile, il corollario necessario dei passaggi logici precedenti è che ogni impresa (l’art.2086 c.c. letteralmente chiama in causa solo le società, ma in realtà sono coinvolti anche gli imprenditori individuali):

  • deve formalizzare il budget previsionale;
  • tale budget sarà in prima battuta economico ma, dal budget economico, occorrerà far discendere il budget finanziario;
  • il budget andrà costantemente confrontato (con periodicità almeno trimestrale) con le risultanze effettive e, sulla base di queste, aggiornato ed adattato;
  • il budget non potrà limitarsi al solo esercizio successivo alla redazione ma dovrà abbracciarne almeno due (motiviamo con un esempio: se alla fine dell’anno “x” viene redatto (solamente) il budget economico-finanziario dell’anno “x+1”, quando saremo nel corso dello stesso anno “x+1” -ad esempio a giugno x+1- non avremo più “la visuale” a dodici mesi ma solo sino al 31.12.x+1; quindi “solo” a 6 mesi. Per evitare questo, e quindi rispettare la Legge, a fine dell’anno “x”, dovremo elaborare il budget sia di “x+1” che di “x+2”);
  • in sostanza occorre definire un’attività di budgeting che possiamo definire “rolling”.

L’attività degli amministratori una volta intercettata una situazione di crisi

Lo stesso art.2086 c.c., poi, impone agli amministratori di <<attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.>>

Cioè per esperire una delle procedure cui abbiamo accennato nella pagina precedente.

Conseguenze per gli amministratori che non ottemperano

La Legge non stabilisce sanzioni di tipo pecuniario per la mancata adozione degli adeguati assetti come sopra delineati ma, ai sensi degli artt.2476 e 2486 c.c,, in sostanza, in caso di default, gli amministratori rispondono personalmente (solidalmente con l’eventuale collegio sindacale) dei danni derivanti ai creditori aziendali.

Secondo la giurisprudenza in via di formazione, inoltre, la mancata adozione dei suddetti adeguati assetti da parte degli amministratori, può costituire giusta causa per la loro rimozione.

Riassumendo

  1. Il Legislatore cerca di ridurre al massimo le situazioni di default:
    1. nel numero: imponendo per legge modalità gestionali adeguate;
    1. nell’entità: cercando di intercettarle al più presto;
  2. per questo rende obbligatoria l’adozione di corretti assetti organizzativi, amministrativi e contabili;
  3. per lo stesso motivo rende obbligatorio il ricorso immediato agli strumenti giuridici esistenti per la soluzione delle crisi aziendali;
  4. in caso di inottemperanza gli amministratori (assieme ai sindaci) rispondono personalmente.

N.B = Lo Studio Gualerzi e Signorini offre, all’imprenditore che si trovi in condizioni di difficoltà la consulenza iniziale di valutazione, che normalmente richiederà uno o due colloqui al massimo, in modo totalmente gratuito. Anche per l’ipotesi in cui il cliente, al termine delle valutazioni, decida di non proseguire oltre o di rivolgersi ad altri.

Chi fosse interessato, quindi, può chiedere, senza alcun impegno ulteriore, un appuntamento, anche in orari compatibili con l’attività nel frattempo svolta, telefonando in Studio al numero: 0376 925001 ovvero scrivendo all’indirizzo:  studio@gualerziesignorini.it